venerdì 28 dicembre 2007

LE “PALLE AL PIEDE” DELL’ECONOMIA ITALIANA


L’Italia è nel bel mezzo di un sostanziale declino. A dirlo sono gli esperti che, con dati attendibili alla mano, avvalorano ancor di più la propria tesi. Ma da cosa si misura principalmente lo stato di “forma” di un Paese? Il primo metro per stabilire ciò è analizzare il PIL che è il valore totale dei beni e dei servizi prodotti destinati al consumo in un determinato arco di tempo. L’Italia, da circa dieci anni, vede il proprio PIL inferiore a quello della media degli Stati membri dell’Unione Europea: nel 2005 era pari allo zero; nel 2006 un cenno di ripresa con il 2%; nel 2007 si prevede uno stazionamento intorno al 1,7%. Per non parlare del conseguente dato che riguarda il reddito medio di un cittadino italiano che risulta nettamente inferiore a quello della media europea.
Eppure il nostro Paese è stato in passato protagonista di una esplosione economica notevole. Infatti dal 1951 al 1970 circa, l’Italia viveva a tutti gli effetti il suo miracolo economico. Facendo un parallelo si potrebbe dire che eravamo i cinesi di oggi; La fine del tradizionale protezionismo italiano giocò un ruolo fondamentale per la rivitalizzazione del suo sistema economico. Il maggior impulso a questa espansione venne dai settori in cui prevalevano i grandi gruppi come quello automobilistico, quello della meccanica di precisione e quello tessile.
Con lo scoccare del 1980 iniziò il decennio nero causato dallo shock petrolifero. L’economia ne risentì in maniera grave ed iniziò a presentarsi lo spettro dell’inflazione che subito causò la svalutazione della moneta che provocò, a sua volta, l’aumento del costo del lavoro. E’ stato calcolato che in quegli anni il debito pubblico è aumentato dal 57% sino al 124,3% del 1994.
Oggi sono svariati i fattori che ci condannano ad essere in ritardo di crescita rispetto all’eurozona: il costo del debito che ci trasciniamo dietro (70 miliardi annui), le pensioni che risultano il 15,5 % del PIL, l’inefficienza della pubblica amministrazione, il ritardo nel sistema istruzione formazione e la piaga del meridione; ma quello che più di tutti, a mio avviso, pesa come una zavorra nell’economia del sistema italiano è il fenomeno dell’evasione fiscale, purtroppo sempre più diffusa: in Italia si stanzia tra il 15 e il 17% del PIL che è quasi il doppio dei valori europei. Un dato inaccettabile incrementato dai condoni del governo che non ha punito gli evasori dello Stato. E’ il Sud a comandare la classifica nera con Sicilia, Calabria e Campania definite a ragion veduta regioni a nero.
Ma cosa fare allora per riportare il bel Paese sul binario giusto? Sicuramente abbassare il debito spendendo meno e non rincarando i cittadini di nuove tasse che colpiscono le tasche degli italiani.
Per fare ciò l’Italia deve allinearsi con l’UE riducendo gli interessi (ora al 4,7%) e investendo nel settore previdenziale, nel welfare e nell’istruzione che, ad oggi, pagano un netto divario nei confronti della media europea.
Nonostante tali dati allarmanti segnali di ripresa ci sono come il tasso di disoccupazione che si è ridotto al 5,7% (minimo storico dal ’92). Tanto ancora si dovrà fare, tuttavia, per giungere all’obiettivo di dare una svolta radicale all’economia del nostro Paese.

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