lunedì 31 dicembre 2007

Ma dove sono finiti i “rappresentanti” del popolo? L’economia italiana vive un momento critico e penalizza i cittadini



Pensioni, famiglia, giovani. Questi gli iceberg di una
nazione, l’Italia appunto, che riesce a malapena ad
aggirare. Con l’avvento dell’Euro, considerato dai più
arma letale contro lo strapotere finanziario americano,
l’economia tricolore ha sfiorato a più riprese il collasso.
I maggiori problemi gravitano intorno a questo nucleo:
al costo della vita che è effettivamente raddoppiato,
non è corrisposto un aumento adeguato dei salari.
I costi sono aumentati e per l’acquisizione di beni o di
servizi, ci si vede costretti a finanziamenti dagli interessi
drogati e prestiti che fanno la gioia delle società
specializzate. La componente politica in tutto questo,
ha dimostrato di essere sorda davanti alla voce del
suo popolo adagiandosi su di un binario morto che
conduce inevitabilmente all’anarchia. Le famiglie
italiane non riescono ad arrivare alla fine del mese
e le categorie più deboli come i pensionati e i
giovani ne risentono in maniera forte. L’Italia è
un Paese vecchio si grida da più parti, ma come
si può chiedere ai giovani di dare una svolta a
questa società?
La politica italiana al contrario di tanti floridi Stati
non incentiva i ragazzi all’iniziativa: che sia la
possibilità di entrare nel mercato del lavoro,
piuttosto che mettere su famiglia. Negli ultimi
giorni il Ministro Padoa Schioppa ha dato loro
“grosso” risalto definendoli dei “bamboccioni”che
a fatica riescono ad andare a vivere per conto loro;
ma se si analizza anche superficialmente quello che
viene definito mercato immobiliare, si intuisce che
un giovane difficilmente potrebbe permettersi degli
affitti talmente alti che anche un professionista con
una florida attività alle spalle sorreggerebbe a fatica.
Le famiglie, altro anello debole della società, hanno
inevitabilmente subito gli influssi di una politica
economica quantomeno azzardata se non assente.
Come si è detto in precedenza, le loro risorse economiche
risultano quasi azzerate e, al contrario di quello che
accadeva un decennio fa neanche tanto lontano, sono
scomparsi i risparmi che permettevano loro di superare
abbastanza agevolmente ogni ostacolo.
“Si stava meglio quando si stava peggio” si scriveva e
si diceva nel periodo post bellico del ’48 quando
l’Italia si trovava a rialzare la testa e a ricostruire
un’economia spazzata via da una dittatura e da un
conflitto. Oggi, paradossalmente, si sta ripetendo ciò
perché la storia è fatta di corsi e ricorsi e, forse perché,
ad ogni capriccio della classica politica dirigente, gli
unici ad essere penalizzati sono come sempre i cittadini
su cui si ripercuotono scelte infelici. Anche le esportazioni
negli ultimi anni sono in declino perché l’aumento
scriteriato dei costi del tanto caro “made in Italy”,
spaventano i mercati esteri che ci stanno accantonando.
Discussioni, problemi, conseguenze di una politica estranea
al suo primo datore di lavoro: il popolo italiano.

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